Alzheimer e colesterolo, due patologie solo apparentemente distanti tra loro. L’Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa. E’ progressiva ed irreversibile. Ed è anche la tipologia di demenza più diffusa tra le persone anziane. Colpisce le aree cerebrali che governano alcune funzioni come la memoria, la parola e il pensiero. Inevitabilmente compromette la quotidianità dei soggetti colpiti, i quali diventano incapaci di gestire comportamenti e reazioni. Attualmente ci sono alcuni farmaci che possono rallentarne il decorso, ma non esiste una cura definitiva. Tra i fattori di rischio spiccano l’età avanzata, soprattutto dai 65 anni in su, alcune malattie cardiovascolari e fattori genetici. Ma un ruolo altrettanto rilevante lo ricoprirebbe il colesterolo.
Il colesterolo avrebbe un ruolo importante nell’esordio e nella progressione dell’Alzheimer. Lo rivela uno studio condotto da Michele Vendruscolo dell’Università di Cambridge pubblicato su Nature Chemistry. Il colesterolo favorisce la formazione di aggregati tossici di molecole di beta-amiloide nel cervello. Secondo il prof. Vendruscolo, non ci sarebbe associazione diretta tra colesterolo alto e Alzheimer. Tuttavia il colesterolo rivestirebbe un ruolo centrale nell’aggregazione di beta-amiloide che, invece, impiegherebbe molto più tempo ad aggregarsi spontaneamente nel cervello. Il colesterolo, infatti, è una parte rilevante delle membrane dei neuroni. E’ situato soprattutto sulle vescicole sinaptiche. Lo studio del prof. Vendruscolo ha evidenziato che la concentrazione di colesterolo in questi neuroni quando risulta compromessa, ne consegue un’alterazione che favorisce l’accumulo delle placche. E, di conseguenza, il processo di neurodegenerazione.
Il prof. Vendruscolo ha così commentato all’ANSA: “La nostra scoperta principale è che il colesterolo gioca un ruolo centrale nell’aggregazione di beta-amiloide che impiegherebbe secoli ad aggregarsi spontaneamente nel cervello. Invece in presenza di colesterolo si aggrega molto più velocemente, generando la formazione di placche”. Una scoperta che apre il campo a nuove prospettive di ricerca, come evidenzia lo stesso ricercatore italiano: “Nelle prossime ricerche cercheremo di capire come intervenire sul metabolismo del colesterolo per mantenerlo a livelli normali. Speriamo così di individuare nuovi target terapeutici per prevenire e rallentare la progressione dell’Alzheimer”.
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