Tumori del polmone e della mammella: la crescita di metastasi nel cervello è agevolata dalla presenza di un fattore molecolare. Quest’ultimo non riguarda le cellule tumorali, ma alcune cellule del cervello sano. Cellule considerate prima di questa scoperta una barriera difensiva. A rivelarlo è una ricerca internazionale che ha visto la collaborazione tra i ricercatori del Cnr di Madrid e il dipartimento di Neuro oncologia dell’Ospedale Molinette di Torino. Lo studio inerente ai tumori e al meccanismo che causa la metastasi è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine.
L’input arriva da Torino e dal team di ricerca del dipartimento di Neuro oncologia del Molinette coordinato dal prof. Riccardo Soffietti. I ricercatori hanno esaminato circa 100 campioni di metastasi cerebrali provenienti da interventi neurochirurgici. Individuando una tendenza: i pazienti con espressione di Stat3 sugli astrociti reattivi hanno una sopravvivenza molto più breve. Lo Stat3 si è rivelato un fattore molecolare che fa azione di ostruzione, a farne le spese sono le cellule immunitarie. Ostacola, quindi, i meccanismi difensivi e spiana la strada alle cellule tumorali che dal sangue passano al cervello.
Il prof. Riccardo Soffietti, contattato dalla redazione de Il Sole 24 Ore, ha commentato l’esito della ricerca: “La novità di questa scoperta è nell’aver identificato per la prima volta che questi specifici astrociti reattivi quando esprimono l’antigene Stat3 diventano un’attrazione fatale per le cellule tumorali e facilitano la loro entrata nel cervello”. Una scoperta che potrebbe aprire il campo a nuove sperimentazioni e terapie. Soprattutto per quel che concerne le metastasi al cervello dove la terapia farmacologica attuale è limitata e insoddisfacente. Si ipotizza che al più presto potrebbero partire i primi trial clinici sull’uomo con lo Stat3 come bersaglio terapeutico. Soprattutto per i pazienti che non rispondono ai trattamenti.
LEGGI ANCHE: Intelligenza e stabilità emotiva: è tutta una questione di geni(o)
LEGGI ANCHE: Depressione e attività fisica: sono utili gli esercizi di resistenza?